Too Like The Lightning – di Ada Palmer

Terra Ignota è un'altra serie che ha inevitabilmente catturato la sua attenzione nello stesso momento in cui ho letto i concetti essenziali alla sua base: e cioè, una storia raccontata in un linguaggio artatamente antiquato da un narratore inaffidabile e di dubbia moralità, ambientata in un'utopia imperfetta con un approccio tutto suo alle questioni di genere, e con abbondanza di filosofeggiamenti di ogni sorta. Ciò detto, andiamo a parlare un po' del primo libro.

Titolo: Too Like The Lightning

Autorə: Ada Palmer

Prima Edizione: Tor Books

Data di pubblicazione: 10 maggio 2016

Genere: Fantascienza

Pagine: 432

Autoconclusivo o parte di una serie: Terra Ignota #1

Sinossi: Ambientato nel 2454, Too Like The Lightning si presenta come un memori scritto da Mycroft Canner, un genio multiedrico nonché famigerato criminale in libertà vigilata, che finisce per trovarsi al servizio di alcune delle persone più potenti della Terra. Mycroft frequenta la casa dei Saneer-Weeksbooth, in cui viene ritrovato un importante documento rubato - un episodio all'apparenza bizzarro, che si rivelerà poi parte di una più ampia e complessa serie di trame, che potrebbero mettere in crisi gli equilibri del potere mondiale ed una pace ormai data fin troppo per acquisita. Al tempo stesso, Mycroft sta cercando di nascondere l'esistenza di un bambino, di nome Bridger, che dimostra di avere il potere di trasformare la realtà in base al suo volere.

Analisi: Too Like The Lightning è scritto in uno stile idiosincratico che risulta al tempo stesso affascinante ed esasperante. La storia, infatti, è narrata in prima persona da Mycroft Canner, un personaggio volutamente sgradevole che non la smette mai di infrangere la quarta parete rivolgendosi direttamente al suo audience, che cerca di coinvolgere nei suoi dibattiti, e che usa un linguaggio che vorrebbe imitare quello degli intellettuali dell'Illuminismo così da rimarcare la differenza temporale fra sé e chi in un lontano futuro presume esaminerà la sua opera - beh, un po' anche per il fatto che Mycroft pare avere un fetish per il diciottesimo secolo, come alcune scene più avanti nel libro sembrano mettere in evidenza.

Come già accennato, il setting è quella che potremmo chiamare un'utopia imperfetta: un mondo in cui buona parte dei problemi correnti sono stati risolti in maniera più o meno brillante, e in cui le persone possono generalmente vivere in pace e prosperità; ma in cui esistono ancora delle forme di ingiustizia, in cui non tutte le risposte alle diseguaglianze sono altrettanto soddisfacenti, ed in cui la pace è, a ben guardare, più fragile di quello che si potrebbe credere.

Il wordlbuilding è probabilmente la maggior attrattiva del romanzo - il che non vuol dire che ne abbia ugualmente apprezzato ogni componente, ma che tutti i suoi risvolti mi hanno dato degli ottimi stimoli di riflessione. In questo mondo, le nazioni geografiche sono state rese obsolete da un'avanzata tecnologia che permette trasporti velocissimi; le persone si uniscono quindi non in base al territorio, ma in "Hives", grandi comunità basate su ideali e valori comuni. La famiglia nucleare è stata rimpiazzata dai bash', gruppi di coabitazione e reciproco supporto. La pena di morte non esiste più, ed anche chi ha commesso crimini efferati ha la possibilità di pagare il suo debito mettendosi al servizio della società.

Non tutti i cambiamenti, tuttavia, sono stati il risultato di un'evoluzione graduale e di un naturale progresso della società: per esempio, le religioni organizzare sono state soggette a forti restrizioni in risposta ad una serie di violenti conflitti, e se ha certo un suo fascino l'idea che i bisogni spirituali siano gestiti sotto forma di consulenza individuale e ricerca interiore, il fatto che organizzazioni più strutturate siano proibite per legge ha comunque un certo eco distopico.

Ma veniamo a noi, perché quello di cui voglio soprattutto parlare è il modo in cui il romanzo affronta le tematiche di genere, anche in relazione al linguaggio. Nel 2454, infatti, l'uso di termini identificanti il genere è visto negativamente, e quasi tuttɜ ɜ personaggɜ usano epsressioni neutrali ed i pronomi "they/them". Beh, tuttiɜ ɜ personaggɜ tranne Mycroft, che trova oppressivo tale modo di esprimersi ed insiste ad usare pronomi ed altri termini designanti i generi tradizionali non solo per sé stesso, ma anche per tutte le persone che incontra, decidendo unilateralmente chi considerare maschio e chi femmina in base alle loro personalità od al loro ruolo sociale.

Ora, tutto ciò ha generato in me i classici mixed feelings, in forme diverse nel corso della durata del libro. All'inizio, da un lato ho dovuto riconoscere come non tuttɜ sarebbero davvero a loro agio in una società senza divisioni di genere (perché, così fonti affidabili mi dicono, per alcune persone l'identità di genere è davvero qualcosa di reale, autentico, fonte di sicurezza, ed assolutamente non oppressivo; per cui probabilmente rimpiangerebbero di non poterla esprimere adeguatamente), d'altro lato però... perché costruire un setting del genere per poi ignorarne per la maggior parte del tempo i costumi, facendo raccontare la storia ad un nostalgico del binarismo? E poi è davvero la questione principale di cui abbiamo bisogno di discutere oggi?

Andando avanti, tuttavia, ho dovuto riconocere come in realtà la società di Terra Ignota non sia davvero neutra o priva di concetto di genere; sotto una sottile patina di perfetta eguaglianza, infatti, i ruoli tradizionali esistono ancora, e l'insistenza su un linguaggio neutrale non porta ad una maggiore equità, ma al contrario tende a nascondere i pregiudizi che ancora esistono. Per cui il dibattito è meno sul fatto se una società senza generi sia o meno una buona cosa per tutti, e più su come la forma vuota dell'uguaglianza non faccia un buon servizio alla sua causa reale.

Il che non ha impedito che provassi una certa irritazione per il modo ossessivo con cui Mycroft appiccica un genere a tuttɜ, oltretutto in base a stereotipi abbastanza vecchio stile, trattando un'identità maschile come un segno di potere, ed affibbiandone una femminile a chi percepisse come protettiva e accudente (anche se immagino di dover ringraziare non si sia ossessionato con le parti anatomiche, se non altro). Ma, insomma, ok, stiamo parlando di Mycroft. Non è che debba piacerci in qualsiasi modo.

Per il resto, il romanzo è ricco di ogni sorta di riflessioni filosofiche - decisamente troppe da analizzare qui, ma certo affascinanti da leggere. Tutto ciò a discapito - va detto quel che va detto - di tutto il resto, come per esempio di trama e personaggɜ. Quanto a questɜ ultimɜ, Mycroft è l'unica figura monumentale, ma la sua personalità come un buco nero finisce per fagocitare tutte le altre. Quanto alla storia raccontata, non è che non ci siano un paio di archi narrativi che potrebbero essere avvincenti, e cioè la serie di congiure politiche e qualsiasi cosa stia succedendo con Bridger; tuttavia non decollano mai davvero, ed anzi sembrano più che altro delle scuse per potersi dilungare in altre riflessioni.

Conclusioni & Consigli: Too Like The Lightning è un libro inusuale, che riesce ad essere al tempo stesso interessante e frustrante. Ho trovato le sue idee molto stimolanti, a maggior ragione quando non hanno trovato la mia adesione più immediata, ma al tempo stesso mi sarebbe piaciuto che l'indagine dei concetti non fosse stata sviluppata a discapito di una storia più soddisfacente. Detto ciò, sicuramente andrò avanti con la serie - e per interesse, non solo per testardaggine. Se i prossimi libro riusciranno ad essere anche un po' appassionanti, ne sarò felice non poco, ma anche se dovessimo andare solamente avanti a filosofeggiare non me ne lamenterò più di tanto.

Content Warning: Contenuti sessuali - Tortura - Omicidio - Stupro - Cannibalismo - Incesto - Suicidio


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